La psicoterapia breve ad approccio strategico

psicoterapia-breve-strategica-cambiamentoTerminato il percorso di 5 anni all’Università, mi sono trovata di fronte ad una scelta: quale scuola di psicoterapia scegliere?

Il percorso professionale e personale mi ha fatto entrare in contatto con numerosi approcci ma, come quando andiamo a fare shopping, il vestito ci deve calzare a pennello…dobbiamo sentirci comodi e a nostro agio.

Per questo ho scelto la psicoterapia breve ad approccio strategico e, da professionista che opera da anni in questo ambito, credo fermamente che chi decide di chiedere l’aiuto di un professionista esperto abbia il diritto (e forse il dovere) di essere informato sul tipo di percorso che sta iniziando.

Nella mia pratica clinica dedico parte della prima seduta a quello che viene definito “contratto psicoterapeutico” in cui il terapeuta espone brevemente il proprio modello e le regole di base. Credo che questo sia molto utile per il futuro paziente in quanto gli permette di avere una visione chiara di ciò che sta accadendo e lo rende un soggetto “attivo” nella terapia.

Vediamo quindi cos’è e come funziona la psicoterapia breve ad approccio strategico

L’approccio strategico trae le sue origini da due principali teorie psicologiche, il costruttivismo radicale ed il sistemico relazionale: nasce da una sintesi compiuta da alcuni ricercatori tra le teorie sistemiche, lo studio sulla famiglia e sulla comunicazione condotto dal gruppo di Palo Alto (Bateson e Jackson) e il lavoro clinico e l’applicazione dell’ipnosi operato da Milton Erickson.

CLI-101 Watzlawick-800x800Si occupa di come l’uomo percepisce e gestisce la propria realtà attraverso la comunicazione con se stesso, gli altri e il mondo, trasformandola da disfunzionale in funzionale. I problemi dell’uomo sono il prodotto dell’interazione tra soggetto e realtà”(Nardone, Salvini 2004)

I precursori del pensiero strategico, però, possono ritrovarsi già nell’antichità: la filosofia greca dei presocratici, dei sofisti, di Epicuro; ma anche le influenze del mondo orientale con il Buddhismo e lo Zen.

Riprendendo ciò che è alla base del costruttivismo radicale, viene negata ogni verità assoluta per dare maggiore importanza a ciò che viene percepito dall’uomo, a ciò che  ritiene importante e a cui da valore. Come diceva Huxley

“la realtà non è ciò che ci accade ma ciò che facciamo con quello che ci accade”

Non si può prescindere dal fatto che l’essere umano è inserito in un sistema che influenza e da cui viene influenzato. Superando l’antica teoria psicoanalitica secondo cui l’individuo è mosso ad agire dalle proprie pulsioni interne, la psicoterapia strategica punta il proprio focus sulle esperienze vissute nel corso della vita dal soggetto. Alla base c’è un modello di causalità definito “circolare”: non c’è una causa ben precisa e definita, ma una serie di piccole cause/esperienze che, in collaborazione tra loro ed influenzandosi reciprocamente, sono inserite in un sistema di relazioni caratterizzato da un continuo scambio di informazioni.

Tali esperienze non devono per forza tradursi in traumi, ma possono anche essere una serie di avvenimenti che, agli occhi dei più, possono apparire quasi irrilevanti ma che vengono percepiti dall’individuo come fondamentali e a cui è stato dato un enorme valore. Non si deve quindi per forza ritrovare nel passato della persona, sia esso antico o recente, un lutto, una separazione, una catastrofe; ma bisogna raccogliere ciò che l’essere umano porta e comprendere il senso che esso da al tutto, nel rispetto dell’individualità e dei valori di ciascuno.

La metafora proposta da Von Glasesfeld non può che rendere al meglio il concetto (Nardone, 2007)

“di fronte ad una serratura ciò che interessa non è la serratura in se, la sua natura e costituzione intrinseca, ma solo il riuscire a trovare la chiave che la apre”.

La relazione terapeutica è volta alla modifica del punto di osservazione del paziente da una posizione rigida e disfunzionale ad una non rigida e funzionale: compito del terapeuta strategico è quello di aiutare il paziente a creare una nuova visione del mondo che sicuramente sarà più utile al suo equilibrio e alla sua soddisfazione, portando ad una ristrutturazione della personalità verso un aspetto positivo e “sano”.
terapia-breve-strategicaLa problematica presentata dal paziente viene mantenuta, e a volte incrementata, dalle tentate soluzioni attuate per reagire alla situazione ed al contesto in cui è inserito. Per il Mental Insitute Research (MRI) il disturbo, infatti, è determinato  dal processo di azioni e retroazioni innescato, che vanno a confluire nel sistema percettivo-reattivo individuale, e mantenuto dalle tentate soluzioni adottate  per risolvere i propri problemi.
Con il termine “tentate soluzioni” ci si riferisce a tutti quei comportamenti messi in atto dagli individui per affrontare le proprie difficoltà, soluzioni che finiscono per irrigidirsi creando modelli disfunzionali di percezione della realtà e conseguenti disagi psicologici.
La psicoterapia strategica è, quindi, una ristrutturazione del modo di percepire la realtà del paziente, del significato che da alle cose, e delle reazioni comportamentali dello stesso. Per fare ciò si deve necessariamente rompere il sistema di retroazioni che mantiene la situazione problematica, fermando le soluzioni fino ad ora attuate e trovarne di nuove.

Solitamente, la persona mette in atto una tentata soluzione che inizialmente genera dei risultati soddisfacenti, ma che in seguito porterà ad un incremento del sintomo e ad un aumento del disagio.

Ad esempio, un agorafobico reagirà alla sua paura evitando le situazioni che scatenano l’attacco d’ansia: a tal proposito inizierà ad evitare gli spazi ampi, come una piazza, oppure un concerto, solo che a lungo andare ciò non solo manterrà il problema ma lo acuirà ed il soggetto arriverà fino al punto di evitare ogni minima situazione che possa scatenare il temuto attacco.

Le tentate soluzioni inizialmente aiutano a tenere sotto controllo il problema ma nello stesso tempo mandano alla persona il messaggio “tu non sei in grado”, innescando un circolo vizioso che porta inevitabilmente alla strutturazione ed alla cronicizzazione della patologia. In aggiunta, solitamente, lo stesso tipo di soluzione viene generalizzato e trasferito ad altre situazioni che diventeranno loro stesse problematiche. Bisogna quindi individuare la soluzione ridondante usata ed intervenire su di essa per bloccare il circolo vizioso. Per fare ciò il terapeuta si serve di una serie di tecniche che aggirano i sistemi rappresentazionali e producono percezioni, azioni e cognizioni alternative.

Il compito del terapeuta strategico, perciò, è quello di inserirsi in questo sistema disfunzionale, permettere alla persona una ristrutturazione, una nuova visione della propria vita, un punto di vista alternativo; ma anche quello di sollecitare soluzioni nuove e funzionali per la risoluzione del disagio.

33930743_1e29573c6c_bCome “l’effetto butterfly” della teoria delle catastrofi insegna, un piccolo cambiamento può innescare una reazione a catenae portare cambiamenti in tutto il sistema. Il paziente risulta così essere un agente attivo nel suo processo di guarigione, colui che si adopera per il proprio cambiamento cercando, assieme al terapeuta, le strategie adatte da applicare poi in ogni ambito della vita.

L’obiettivo principale della psicoterapia strategica, quindi, è quello di modificare, attraverso ristrutturazione, il modo di percepire la realtà e, quindi, i comportamenti del paziente: creare un punto di vista alternativo, prospettive diverse rispetto a quelle patogene, rompendo il sistema circolare di retroazioni e bloccando le tentate soluzioni. L’individuo deve sperimentare quella che viene definita “una esperienza emozionale correttiva”, ossia un’esperienza concreta relativa a nuove modalità di percepire se stesso, l’ambiente circostante ed il mondo in generale.

Nello stesso tempo è fondamentale che questo macro obiettivo da raggiungere, sia distinto in piccoli obiettivi cui arrivare di volta in volta, in modo tale da non gravare eccessivamente la persona e permettergli di acquisire delle capacità e vivere delle esperienze nuove senza il peso di dover affrontare qualcosa che allo stato attuale va oltre le sue possibilità (Nardone, Watzlawick 1999).

“Ogni cosa conduce a un’altra cosa, che conduce a un’altra cosa… se ti concentri sul fare la più piccola, poi la successiva e così via… ti troverai a fare grandi cose, avendo fatto solo piccole cose” (J. H. Weakland)

L’obiettivo della terapia (e conseguentemente il suo termine) si raggiunge, di comune accordo tra paziente e terapeuta, nel momento in cui, attraverso un’ evoluzione mediante il conseguimento di piccoli obiettivi, la persona arriva alla modifica del suo sistema percettivo reattivo e, quindi, delle sue azioni disfunzionali, trasformatesi ora in funzionali.
Il cambiamento sarà globale e permanente e non, come erroneamente si può pensare attraverso una conoscenza superficiale del modello, relativo solo al sintomo o al problema riportato.
L’innovazione e la piccola “rivoluzione” portata dal modello strategico è riassumibile in una affermazione di Giorgio Nardone:

“anche se i problemi e le sofferenze umane possono essere estremamente persistenti, complicate e sofferte, non necessariamente richiedono soluzioni ugualmente prolungate nel tempo e complicate.”

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Articolo originariamente pubblicato su PsicologiaOk

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