“Cosa ho fatto di sbagliato?” “perchè mi ritrovo sempre nella stessa situazione?” “possibile che io riesca sempre a boicottarmi?”. Quanti di noi si ritrovano a farsi domande del genere dopo un fallimento lavorativo o dopo una storia sentimentale che si è conclusa?
Sovente mi trovo (professionalmente e privatamente) di fronte a persone con difficoltà relazionali e comunicative che passano gran parte del loro tempo a ricercare cause, spiegazioni e colpe.
Quasi sempre si tratta di persone assolutamente intelligenti, capaci ed intuitive che si trovano a chiedersi (e chiedermi): come ho fatto a non accorgermene? ed ora cosa faccio?
Dopo aver analizzato la situazione, dopo aver esaminato in modo critico e funzionale le proprie responsabilità e le proprie azioni si arriva ad una sola conclusione: non era la persona giusta/non era la situazione adatta. Ma questa presa di coscienza presuppone un lavoro su di sè, sui propri pensieri, sulle comunicazioni e sui comportamenti.
Oggi leggendo ho trovato questo brano e ve lo trascrivo, sperando possa esservi utile:
La ricerca del bene è complessa e richiede pazienza e perseveranza. Ci sono persone che ricercano l’amore e non lo trovano. Hanno avuto esperienze che sono finite in fiumi di lacrime. Hanno cercato, si sono esposti e giocati, ma hanno trovato solo delusioni. Hanno amato ma non sono stati ricambiati. Quando si sono sentiti stimati e apprezzati dalle persone che poi li lasciavano (ti lascio perché sei troppo in gamba per me), si sono ritrovati truffati, beffeggiati, sviliti, ingannati. Hanno dato tutto alle persone che poi con nulla hanno ricambiato.
Lo stesso può accadere nel lavoro. Molti hanno cercato di dare il meglio al lavoro, di stare alle regole, di perseguire gli obiettivi, di essere bravi e onesti professionisti e hanno trovato capi che li bistrattavano, clienti che li tradivano, colleghi che li insultavano, il fisco che li perseguitava. Di fronte al loro sforzo di raggiungere il bene, hanno trovato il male. Di fronte al tentativo di conseguire la virtù del bene, hanno trovato la delusione e la frustrazione. E non si sanno dare una spiegazione, un senso. Il male che hanno sperimentato ha di gran lunga sovrastato il bene che avevano sperato. Non potendo controllare, evitare, surclassare il male, si sono ritrovate disincantate. E hanno cominciato a mettersi in discussione: “perché scelgo sempre le donne che mi lasciano?”, “perché non riesco a integrarmi nella mia azienda?”, “da cosa nasce la mia incapacità relazionale?”. Sono così impegnati nel perseguimento del bene che dimenticano quanto questo sia una scelta etica, proprio perché è nelle nostre corde anche perseguire il male, soprattutto quello altrui.
Trovare uomini e donne che si amano e ci feriscono (anzi, spesso usano l’amore come strumento), ambienti di lavoro dove si disprezza l’eccellenza e la correttezza, è parte della realtà, uscire momentaneamente sconfitti è parte delle regole del gioco. Un amore vero e duraturo, un lavoro che appaga e gratifica, relazioni che sanno suscitare gioia e soddisfazioni, sono beni preziosi che non si trovano al mercato rionale del sabato mattina. Confondere i limiti degli altri con i propri limiti ha i suoi vantaggi. Ci offre l’illusione che lavorando su noi stessi possiamo evitare il male altrui. Spesso è così, ma altrettanto spesso non lo è. Da sempre il perseguimento del bene trova avversari sulla sua strada. Avversari che non sono sotto il nostro controllo. Non possiamo costringere un capo stronzo a essere illuminato né un uomo narciso ed egoista a diventare un principe azzurro. Però possiamo acuire i nostri sensi, aguzzare la vista, tendere l’udito, raffinare la nostra conoscenza per individuarli al volo, combatterli o sottrarsi alla loro influenza è possibile a patto che manteniamo la nostra integrità. La nostra integrità è un mix di verità e autenticità tesa al nostro bene e alla nostra autorealizzazione. Se facendo un bilancio della nostra esperienza, scopriamo che abbiamo perseguito con coerenza la nostra concezione del bene e abbiamo fallito, non necessariamente è colpa nostra. Non permettiamo a chi persegue il male di vincere. Preserviamo la nostra autostima dagli stronzi di ogni genere che incontriamo sul nostro cammino. Non diamogliela vinta mettendo in discussione noi stessi. Non li possiamo controllare, ma li possiamo dimenticare o ignorare. Li possiamo anche combattere. Solo preservando la nostra autenticità e verità interiore, possiamo trarre dalle nostre esperienze riflessioni e lezioni che siano costruttive. Se abbiamo perseguito l’amore con amore e abbiamo fallito significa che quelle storie e quelle relazioni non erano relazioni d’amore e andavano terminate. Se abbiamo lavorato con correttezza e lealtà, con eccellenza e collaborazione e siamo stati trattati male, significa che quell’ambiente di lavoro non condivideva i nostri valori. Non possiamo controllare tutto, ma non per questo dobbiamo abdicare alla nostra autostima.
come indicato successivamente da L. Stanchieri, autore del brano proposto, vi invito a pensare ad una esperienza negativa che avete vissuto e che rientra magari nei due ambiti sopra citati, quello sentimentale e/o lavorativo, e a porvi la seguente domanda: mi sono comportato bene, in accordo con i miei valori e le mie potenzialità? Se la risposta è affermativa allora avete incontrato uno degli “stronzi” di cui parla l’autore.
A cosa serve allora continuare ad analizzare, a riflette, a scavare? la vostra unica responsabilità è quella di andare avanti, girare pagina, portandovi dietro però l’esperienza appena vissuta: bisogna apprendere dall’esperienza per imparare a riconoscere e evitare questi benedetti “stronzi”!