Molto spesso ci sentiamo dire che solamente riuscendo a comprendere il nostro passato nei minimi dettagli, ciò che ci è accaduto, possiamo risolvere i nostri problemi e cambiare! Ma siamo veramente sicuri che questo sia necessario e funzionale?
Troppo spesso occupiamo del tempo a conoscere meglio noi stessi, focalizzandoci sui difetti, le mancanze e gli errori; per non parlare delle colpe attribuite agli altri, siano essi genitori, insegnanti, parenti lontani, amici d’infanzia, vicini di casa, sconosciuti incontrati per caso un giorno per strada.
Proviamo invece a sfatare il luogo comune del “conosci il tuo passato, il perché di certe cose, arriva al significato profondo nascosto dietro le tue azioni e vivrai meglio”. Molti pensatori ancora oggi sono convinti che arrivare alle cause primarie, nascoste in un passato più o meno remoto, serva a superare i problemi e le difficoltà che viviamo nel presente.
Cito volentieri una frase di Von Glasersfeld, frase che uso spesso nella pratica clinica con i miei pazienti: di fronte ad una serratura, ciò che interessa non è la serratura in sé, la sua natura e costituzione intrinseca, ma solo il riuscire a trovare la chiave che la apre.
A patto che il passato sia realmente responsabile dei nostri problemi attuali, postulato di cui non possiamo essere certi – in questa sede non entrerò nello specifico della costruzione dei ricordi – è l’interpretazione che noi ne facciamo nel presente ad influenzare i nostri vissuti, le emozioni e, conseguentemente, le nostre azioni.
Per spiegare questo concetto vi riporto un brano dell’opera “Change”, un libro scritto nel 1974 da Paul Watzlawick, John Weakland e Richard Fish, membri del Mental Research Institute di Palo Alto da cui deriva l’approccio strategico:
Ogni giorno l’esperienza, e non solo quella clinica, dimostra che non soltanto può esserci cambiamento senza ‘insight’, ma anche che sono molto pochi i cambiamenti sociali o di comportamento ad essere accompagnati, per non dire ad essere preceduti, da ‘insight’ nelle vicissitudini della loro genesi. Può darsi, ad esempio, che la difficoltà di chi soffre d’insonnia abbia le sue radici nel passato: può darsi che la madre del soggetto, stanca e nervosa, avesse l’abitudine di gridargli di dormire e di smettere di darle fastidio. Ma mentre questo tipo di scoperta può fornire una spiegazione plausibile, e alle volte anche assai raffinata, del problema, abitualmente non reca alcun contributo alla sua soluzione.
Tali scoperte empiriche sono sulla stessa linea delle considerazioni generali, se le portiamo alle loro conclusioni logiche. Le possibilità sono due. 1) L’importanza attribuita alle cause che in passato hanno provocato il disturbo è soltanto un mito, affascinante ma inesatto. In questo caso, l’unica domanda che ci si pone è pragmatica: come si può produrre con la massima efficacia il cambiamento desiderato del comportamento attuale? 2) esiste veramente una relazione causale tra il comportamento passato e quello attuale. Ma poiché è evidente che gli eventi passati sono immutabili, siamo posti di fronte a due alternative: o dobbiamo abbandonare ogni speranza che il cambiamento sia possibile oppure dobbiamo supporre che – almeno in alcuni aspetti importanti- il passato esercita un’influenza sul presente solo tramite l’interpretazione presente che una persona da di una esperienza passata. Se è vera questa ipotesi, allora l’importanza del passato diventa non una questione di verità e di realtà, ma un’occasione per esaminare il caso qui ed ora in un modo piuttosto che in un altro, di conseguenza, non c’è alcuna ragione che ci obblighi ad assegnare al passato la supremazia sul presente; in altre parole, la reinterpretazione del passato è soltanto uno dei molti modi in cui forse si può influenza il comportamento presente. Il che ripropone l’unica domanda importante, cioè quella pragmatica: come si può produrre con la massima efficacia il cambiamento desiderato del comportamento attuale?
Siamo convinti che quando si interviene con un atto deliberato nei problemi umani l’ approccio più pragmatico non verte sul ‘perché?’ ma sul ‘ che cosa?’, cioè: che cosa avviene qui ed ora che perpetua il problema?, e che cosa si può fare qui ed ora per produrre un cambiamento?
Quello che vi invito a fare io è prendervi cura di voi stessi, focalizzarvi sulle qualità e risorse che avete (tutti ce le abbiamo), sui legami, sugli affetti; passate del tempo a fare ciò che vi piace e perchè no…a far pace con il passato proprio perchè… è passato! se si perde tempo a guardarsi indietro non si sarà abbastanza concentrati nel percorrere la strada che abbiamo davanti! Impariamo e cominciamo a chiederci “cosa posso fare per cambiare questa situazione?”, non “perchè è successo?”