Quando il sesso fa male: la vulvodinia

bf701c10403086b951c20bd2176af286Era il 2009 ed ero all’ultimo anno di specializzazione: dovevo decidere l’argomento della tesi! Nella mia scuola c’era anche l’insegnamento di sessuologia, materia che mi aveva sempre interessata, a tal punto da aver anche pensato di trattarla come tesi di laurea, salvo poi dirigermi verso il complesso argomento della psicosi.

Colsi la palla al balzo e chiesi alla mia Professoressa di fare una tesi sulla vulvodinia, una patologia dolorosa e debilitante per chi ne soffre e che molto spesso rimane nell’ombra, vittima di tabù culturali e sociali. Anni dopo decisi di riprendere l’argomento e di scrivere un articolo pubblicato inizialmente sul sito “universo psicologia”.

Buona lettura!

Che cos’è il piacere, se non un dolore straordinariamente dolce” diceva il poeta tedesco Heinrich Heine, ma, a volte, questo “dolore” non è così “straordinariamente dolce” come possono testimoniare le donne che hanno sofferto, o soffrono, di vulvodinia.

Questo disturbo, assieme agli altri che coinvolgono la sfera sessuale, è una patologia con una forte valenza emotiva in quanto va a colpire la parte più intima di ogni donna, il desiderio di intimità e condivisione che rappresenta una componente fondamentale della nostra vita, causando conseguenze psicologiche, affettive e relazionali. Ma è un disturbo da cui si può guarire attraverso una corretta informazione ed un intervento tempestivo. Vediamola nel dettaglio…

La vulvodinia è una condizione patologica che riguarda il tessuto connettivale vulvare e letteralmente significa “dolore vulvare”. Secondo la Società Internazionale per lo studio delle Malattie Vulvovaginali (ISSVD), la vulvodinia può essere definita come un disturbo vulvare cronico caratterizzato da bruciore, irritazione, dolore, dispareunia, in assenza di rilevanti reperti obiettivi o di specifiche alterazioni neurologiche, clinicamente evidenziabili (Haefner H.K.,2005).

Secondo i criteri del Dsm IV, la dispareunia si manifesta con un ricorrente o persistente dolore genitale associato al rapporto sessuale in un maschio o in una femmina. L’anomalia produce notevole disagio o difficoltà interpersonali, non è causata esclusivamente da vaginismo o da mancanza di lubrificazione e non è dovuta unicamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale.

La vulvodinia non sarebbe, quindi, causata da infezioni, infiammazioni, neoplasie o disordini neurologici. Essa può essere localizzata o generalizzata ed allo stesso tempo spontanea o indotta dallo sfregamento con particolari agenti esterni quali, ad esempio, indumenti particolarmente stretti, uso della bicicletta o del cavallo, particolari posizioni delle gambe, attività sessuale. La sua classificazione si basa sull’ individuazione della zona del dolore che può essere generalizzata o localizzata,  provocata, non provocata o un misto di entrambe le condizioni.

18a8fd441f4d0261cfa8f7583f4f561bIl dolore pelvico  può essere di tipo acuto (malattia infiammatoria), ciclico (causato da  adenomiosi, endometriosi e dismenorrea primaria o secondaria) e cronico (dura per più di sei mesi e, oltre a dolore costante, comporta una diminuzione delle attività sociali, lavorative e sintomi depressivi).

L’eziologia della vulvodinia è sconosciuta e si propende per un multifattorialità: tra le cause principali si possono trovare fattori genetici, ormonali, autoimmuni, infiammatori, anomalie embriologiche o modificazioni neuropatiche. Come fattori predisponesti, invece, si possono riscontrare infezioni virali, allergie, dermatosi e infezioni micotiche. E’ stato evidenziato l’incremento delle infiammazioni nelle pazienti affette da vulvodinia, assieme ad anomalie del pavimento pelvico.

Mc Kay(Mc Kay M., 1992) nel 1992 ne evidenzia quattro sottogruppi: dermatosi vulvare (dermatite), vulvite ciclica (episodica, associata ad algie concomitanti al ciclo mestruale o dopo un rapporto sessuale ed alla presenza di eritemi), vestibulite vulvare (dolore causato dalla pressione o penetrazione, escoriazioni ed edemi) e vulvite essenziale (bruciore o dolore  costanti, con o senza eritema, localizzato o generalizzato). Queste forme di vulvodinia  sarebbero comunque distinguibili solo in relazione alle diverse aree interessate dal disturbo e solitamente non si manifestano dei tipi “puri” ma, più spesso, delle pazienti che portano quadri misti.

I sintomi fisici maggiormente presentati sono: allodinia (dolore causato da un agente che normalmente non genera fastidio), bruciore e/o prurito, dolore e iperalgesia (amplificazione nella percezione del dolore), irritazione e contrattura della muscolatura del pavimento pelvico. A questi si aggiungono quelli psicologici tra cui disturbi dell’umore, diminuzione dell’autostima, profondo senso di inadeguatezza, disturbi d’ansia, problemi di coppia, ritiro sociale e relazionale.

Per quanto riguarda l’iter diagnostico è fondamentale rivolgersi al proprio ginecologo di fiducia che provvederà ad effettuare una visita ginecologica completa che prevede una ispezione del pavimento pelvico a riposo ed  in movimento. Spesso si usa lo swab-test che consiste nell’applicazione di una pressione, mediante cotton, durante la quale si chiede alla paziente di valutare la dolorosità.

Per quanto riguarda l’attività sessuale ci sarebbe da aprire un capitolo a parte, in quanto tale patologia può comportare una serie di gravi interferenze della vita sessuale e affettiva della persona: non di rado si manifestano disturbi del desiderio, anorgasmia, disturbi della lubrificazione e dell’eccitazione. In aggiunta, spesso la donna si sente in colpa per i rapporti sessuali che diminuisco rapidamente o che, in molti casi, scompaiono del tutto. Lo stesso partner vive una situazione altrettanto difficile: è fortemente provato da un lungo periodo di frustrazione personale causato da un’ incomprensione del problema e da un’ insoddisfacente (o assente) vita sessuale; tutto questo crea profonda rabbia, senso di inadeguatezza e, sovente, un’attribuzione di responsabilità a se stesso.

young-couple-kissing-in-the-gras-794583-mSpesso capita che, all’interno della coppia, si entri in un circolo vizioso: il partner pensa che la compagna con vulvodinia non voglia avere rapporti, la donna, dal canto suo, non si sente in grado di spiegare il motivo per il quale non può averli (non conoscendo bene il suo problema); così si troverà a desiderare fortemente il partner ma ad avere una profonda paura del dolore che potrebbe sperimentare. In tal modo tenderà a chiudersi in un mutismo relazionale e ad evitare completamente il rapporto sessuale, condizione questa che contribuirà ad aumentare il problema nel tentativo di risolverlo, portando la donna a percepirsi sempre più inadeguata e a sperimentare profonda rassegnazione e rabbia: una profezia che si autoavvera!

 

La terapia della vulvodina non è unica ma integrata, tenendo in considerazione sia gli aspetti fisici che psicologici. E’ importante che la donna sia informata sulla patologia! Di qualsiasi tipo di terapia si tratti, la prima fase deve senza dubbio centrarsi sull’informazione: bisogna accertarsi, infatti, che la persona abbia tutte le indicazioni sulla vulvodinia e che non abbia dubbi o domande a riguardo. E’ frequente, infatti, che le donne vulvodiniche portino dentro di sé un’enorme rabbia senza nome e senza spiegazione, causata proprio dall’incomprensibilità di ciò che stanno affrontando. Bisogna inoltre spiegare loro che non esiste una cura specifica per questo disturbo, in quanto le cause possono essere diverse e richiedono, quindi, diversi approcci di risoluzione del problema che dipendono  dal singolo caso e dalla risposta sintomatologia.

La terapia si avvale dei seguenti strumenti: terapie mediche, psicologiche/psicoterapeutiche, tecniche di rilassamento e accorgimenti quotidiani.

In ambito medico: terapie farmacologiche (soprattutto antidepressivi e anticonvulsivanti), infiltrazione vestibolare (steroidi, bupivocaina e l’interferone, cortisone), terapie topiche (la lidocaina, benzocaina, estrogeni), terapie fisiche (mobilizzazione e rilasciamento dei muscoli, triplice punto di pressione, manipolazioni, stimolazione elettrica dei muscoli, stimolazione attiva del pavimento pelvico, biofeedback, ritrazione vescicolare e intestinale, ultrasuoni terapeutici), interventi chirurgici (asportazione locale, vestibolectomia totale, perineoplastica, l’intrappolamento del nervo pudendo).

Il biofeedback elettromiografico della muscolatura del pavimento pelvico, che consiste nell’inserimento in vagina di una piccola sonda, è una tecnica di autocontrollo usata nella gestione dello stress, volta ad addestrare la persona ad una percezione delle attività corporee spesso automatiche, come la contrazione e il rilassamento dei muscoli.

La Tens (stimolazione elettrica trascutanea nervosa) è uno degli strumenti più usati e consiste nell’applicazione di una sonda (elettrodo di superficie) che invia leggeri impulsi elettrici a bassa frequenza e tarati sulla persona, facendo percepire una sorta di battito o pulsazione nella zona trattata: è assolutamente indolore.

Le tecniche di rilassamento, l’ipnosi e il training autogeno sono, assieme all’agopuntura ed ai massaggi,  alcuni dei metodi moderni nella cura della vulvodinia. Il loro vantaggio è sicuramente quello di non essere invasivi, di essere indolore e di contribuire al benessere globale della persona.

Un’altra tecnica usata è rappresentata dagli esercizi di Kegel volti al controllo dei muscoli del pavimento pelvico. Durante tali esercizi, viene insegnato alla donna ad attuare contrazioni muscolari e rilasciamenti di uguale durata, in modo tale da conseguire una corretta ossigenazione del muscolo.

La psicoterapia della vulvodina può essere affrontata seguendo diversi approcci (strategico, cognitivo-comportamentale…), ma in tutti i casi si aiuta la donna a comprendere il senso che questa patologia assume nella sua vita personale e relazionale e si agisce contemporaneamente, e concretamente, sulla riacquisizione di un senso di padronanza della propria vita affettiva e sessuale. Oltre al colloquio prettamente clinico, vengono assegnati dei compiti, in grado di permettere alla persona di familiarizzare con il suo corpo (e nello specifico con le zone genitali), e usate tecniche di avvicinamento graduale al dolore, di comprensione e accettazione dello stesso. Nella maggior parte dei casi, infatti, la donna vulvodinica fugge il dolore, cercando di evitarlo in ogni modo, fino ad arrivare a non sfiorare neanche la parte interessata con conseguente e successiva compromissione della qualità della vita relazionale e di coppia. Per questo motivo, gradualmente, e se necessario prima a livello solo immaginativo, si fa avvicinare la persona alla zona del dolore, familiarizzando con essa ma soprattutto con le sensazioni generate.

the-kiss-259908-mIn alcuni casi è opportuno iniziare una terapia di coppia: i problemi di coppia, infatti, sono frequenti, sia che rivestano un ruolo primario o secondario, ossia precedente o successivo all’insorgere della patologia. Il rapporto a due viene fortemente influenzato da questa patologia, anche se, molto spesso, è proprio la vulvodinia che si inserisce in un ambiente già di suo fortemente conflittuale e disfunzionale. Per questo motivo è importante aiutare la coppia a vedere e affrontare i propri problemi e a comunicare in modo adeguato bisogni, carenze, paure e desideri.

In entrambi i casi, terapia individuale o di coppia, è opportuno coinvolgere il partner (in seduta e/o nell’intimità domestica) in modo tale da fargli sperimentare un ruolo attivo nel trattamento. Gli esercizi, infatti, molto spesso coinvolgono proprio il compagno e questo sia per l’efficacia degli stessi che per migliorare, aumentare e/o ritrovare l’intimità di coppia.

C’è anche la possibilità di partecipare a gruppi terapeutici che affrontano proprio questa patologia, in modo tale da non sentirsi sole e “uniche” nel proprio problema, sperimentandosi e condividendo con altre  paure, esperienze ed il proprio dolore.

Oltre ai trattamenti medici e psicologici veri e propri ci sono una serie di accorgimenti utili per la vita quotidiana:

  • Usare prodotti antiallergici, non usare quindi deodoranti intimi o detergenti profumati.
  • Usare biancheria intima non colorata e cercare di non indossare nulla durante la notte.
  • Lavarsi con acqua dopo ogni minzione e prevenire la costipazione.
  • Evitare di accavallare le gambe per un tempo prolungato e di svolgere attività che coinvolgano l’area vulvare (andare a cavallo o in bicicletta).
  • Usare assorbenti solo se di puro cotone.
  • Condurre una dieta corretta (evitare cibi ricchi di ossalati)

Un altro utile strumento di aiutoiuto è quello di addestrarsi nella respirazione: una respirazione corretta, infatti, è in grado di rilassare il corpo e liberare  (non bloccare!) le emozioni.

Vi propongo un facile esercizio: mettetevi su una poltrona comoda o sdraiatevi sul vostro letto, in un ambiente caldo e accogliente, senza luci e rumori. Pensate a qualcosa che vi fa rilassare, come una spiaggia, una montagna, un paesaggio di campagna, o lasciate semplicemente che i vostri pensieri volino verso qualcosa di importante per voi, piacevole e positivo.  Ora appoggiate una mano sul vostro addome e respirate profondamente fino a riempire la vostra pancia…espirate aspettando che questa si sgonfi da sola. Continuate con questo esercizio per qualche minuto, ripetendolo nei giorni successivi, cercando di rilassare tutti i muscoli del vostro corpo, soprattutto la schiena e l’addome.

Se soffri anche tu di questo problema non disperare, la cura della vulvodinia è possibile e si può guarire…per poter finalmente iniziare/ricominciare a vivere il sesso in modo soddisfacente e piacevole
Se hai dubbi, domande o hai bisogno di indicazioni contattami pure in privato !

Informazioni su Dott.ssa Chiara Illiano

Psicologa, psicoterapeuta, esperta in psicologia giuridica. Coordinatrice Area Psicologica Associazione Hikikomori Italia per il Lazio Formatrice e docente.
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