“Vorrei ma non posso”, “Il tempo passa e sento di non aver fatto niente di buono”, “La mia vita mi sta scivolando tra le dita”, “Non so chi sono né cosa voglio diventare”, “Non riuscirò mai a raggiungere i miei obiettivi, tanto vale adattarsi e accontentarsi”
Tutte queste frasi, e tante altre, manifestano una scarsa e limitata autostima che può diventare il nemico numero 1 nel raggiungimento dei nostri scopi. Ma andiamo con ordine…
Il termine autostima deriva dall’unione di stima, “valutazione positiva di una persona”, e di auto-, “di se stesso”; significa quindi avere una buona immagine di sé, apprezzarsi ed essere consapevoli delle propri effettive capacità.
Avere una buona autostima permette di sentirsi “bene”, appagati, di avere un buon rapporto sia con sé stessi che con gli altri ma non solo; essa permette di impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi che vengono visti come possibili. Queste componenti influenzano ogni aspetto della vita sia individuale che relazionale e lavorativa.
Al contrario, una bassa autostima comporta un senso di inferiorità, di incapacità, amplificando paura e ansia fino ad arrivare alla possibilità di strutturare veri e propri sintomi psichici.
L’autostima è qualcosa di appreso, inizia a costruirsi dalle primissime esperienze di vita e trae nutrimento dai feedback ricevuti nel corso degli anni. Essa ha un andamento oscillatorio, cambia nel corso del tempo; ha una componente cognitiva, affettiva e valutativa ed ha una stretta correlazione con il concetto di “identità”.
Alla base dell’ autostima c’è quella che viene chiamata “autoefficacia percepita” (self-efficacy) (Bandura, 2000), ossia la valutazione che l’individuo fa in merito alle proprie capacità di riuscita. Dal risultato dell’autovalutazione deriva sia la motivazione che l’impegno profuso per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato, influenzando così il pensiero, la capacità di apprendimento e, in ultima istanza, la considerazione generale di se stessi. Secondo la teoria dell’apprendimento sociale (Bandura, 1977) gli individui assumono i feedback ricevuti dall’ambiente, li fanno propri e agiscono di conseguenza: le persone arriveranno, quindi, a valutarsi esattamente come sono stati valutati dalle figure importanti della loro vita, in primis sé stessi. Secondo il costrutto dell’agentività umana (Patrizi, De Leo, 2002), infatti, la mente non è una mera ricettrice di segnali esterni, bensì reagisce a questi a seconda del senso che gli attribuisce. Essa è quindi proattiva ed interattiva, in grado di modificarsi e ricrearsi e l’autostima cambia in base all’interpretazione che noi diamo alle esperienze di vita. Come dice Huxley (in Nardone, 2007) “la realtà non è ciò che ci accade ma ciò che facciamo con quello che ci accade”.
Ne deriva, quindi, che i nemici della nostra autostima non sono soltanto esterni ma anche interni.
Partendo da questi presupposti si può facilmente arrivare alla conclusione che una persona con una bassa autostima, causata da un accumulo di esperienze negative passate e da una visione distorta di sé, possa comunque agire su di essa migliorandola e sviluppando al meglio delle sue potenzialità. Ciò comporterà trasformazioni positive in ogni ambito della vita individuale, interpersonale e lavorativa.
L’obiettivo da raggiungere sarà l’ autorealizzazione, ossia la conoscenza e lo sviluppo delle proprie risorse, competenze e potenzialità; la costruzione di significati; la programmazione e la realizzazione di obiettivi. Questo è un processo dinamico, un movimento permanente, una ricerca continua che conduce alla messa in atto di comportamenti e che viene valutata in base alla soddisfazione ed alla gratificazione che ne derivano. La persona sarà conscia delle proprie emozioni e risorse, incrementando la consapevolezza delle proprie capacità e migliorando le competenze di apprendimento e di approccio alle difficoltà della vita privata e professionale: migliorare l’ autostima per migliorare la propria performance globale e la qualità della propria esistenza.
CARATTERISTICHE DI UNA BASSA AUTOSTIMA:
- Senso di rinuncia, pessimismo e mancanza di speranza nel futuro: “non ce la farò mai” indica una perdita di fiducia in se stessi. Tutte queste caratteristiche, e soprattutto il pessimismo, non sono componenti innate della personalità ma sono state apprese nel corso del tempo.
- Passività ed impotenza: “tutto è già scritto, inutile che io mi impegni”. Anche questo indica una perdita di fiducia nelle nostre capacità. Deleghiamo all’altro, alla famiglia, al datore di lavoro, alla società, alle istituzioni…tutti sicuramente potranno fare meglio di noi e dovranno pensare a noi.
- Senso di onnipotenza: “qualsiasi fallimento dipende da me” (pensiero che ovviamente viene capovolto quando si parla di obiettivi raggiunti e vittorie). Non si prende in considerazione il fatto che molte situazioni della vita non sono sotto il nostro controllo, no! Tutto dipende da noi! E noi abbiamo fallito per stupidità, incapacità etc…proviamo a fare un esame realistico della situazione: cosa dipende da me e cosa, invece, non è sotto il mio controllo?
- Gli altri sono sempre migliori di me/ gli altri sono peggio di me: sono due varianti della stessa caratteristica, ossia la deresponsabilizzazione. Nel primo caso c’è anche l’ingrediente del vittimismo, oltre che il rischio dell’invidia, nel secondo dell’aggressività passiva.
- Concentrarsi solo sui difetti e sulle carenze proprie e altrui: la mente umana è predisposta a reagire prima sulle cose negative e a ricordarsele, è volta alla sopravvivenza, quindi riconosce il pericolo e lo allontana.
- Se non si raggiunge un obiettivo, se si “fallisce” in qualche ambito ci si deprime, si perde fiducia, fino, in casi estremi, a detestarsi e a generalizzare “non sono capace di fare nulla”. Non ci si prende cura di sé, non si ha una solida base da cui partire, si è pessimisti, insicuri, si ha sempre bisogno di approvazione, di conferma del proprio valore.
ERRORI DA NON COMMETTERE:
- Punirsi in continuazione focalizzandosi solo sui propri errori, sulle esperienze fallimentari. Questo atteggiamento conduce esclusivamente ad una diminuzione della consapevolezza di sé e delle proprie risorse, ad un incremento della paura e della rabbia con conseguente diminuzione dell’azione.
- Conoscere sé stessi: a volte ci si focalizza esclusivamente in una incessante ricerca volta a conoscere sé stessi, i propri difetti, i propri limiti, le cause delle nostre azioni. Certo, questo può aiutare (se fatto in modo costruttivo e funzionale) ma può anche limitarci. Il “conoscere sé stessi” deve essere sostituito dal “prendersi cura di sé”. Possiamo passare anni a conoscerci, ma quando passeremo all’azione ed inizieremo a prenderci cura di noi?
- Circondarsi di persone solo per non sentirsi soli, persone per lo più negative: questo incrementa il senso di solitudine perché non riusciremo mai a sentirci bene con persone che non stimiamo o che non ci trattano con rispetto. E proprio questa mancanza di rispetto conduce ad una diminuzione dell’autostima oltre a toglierci spazio e tempo per coltivare ciò che ci fa stare bene. Non si cerca qualcuno da amare, con cui condividere emozioni ed esperienze positive, ma qualcuno che ci ami e che colmi il vuoto che sentiamo dentro.
- Conoscere le emozioni: ogni emozione assolve ad uno scopo ed ha un preciso significato, l’importante è interpretarla in modo funzionale. Una persona con una buona autostima conosce e riconosce le proprie emozioni, non ha paura di esse e si accetta.
- Accettazione di sé: non significa giustificarsi o non assumersi le proprie responsabilità. Accettarsi significa essere coscienti degli errori fatti, dei lati negativi della nostra personalità, essere consapevoli delle emozioni e dei sentimenti negativi sperimentati. Dobbiamo prendere atto di come siamo cercando di migliorarci quando sentiamo di doverlo fare. Pensiamoci: a volte siamo in grado di accettare persone che neanche se lo meritano (partner, amici, colleghi), perché non siamo in grado di accettare noi stessi? Perché siamo così critici nei nostri confronti?
- Scoprire e concentrarsi sui punti di forza. Tutti noi ne abbiamo, inutile negarlo! Ma se ci convinciamo di non averne, di essere incapaci, fragili, vittime del mondo e di noi stessi…beh, lo diventiamo, realizzando la profezia che ci siamo costruiti! E quindi, di conseguenza, avere fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità: se vedi tutto negativo, se vivi la tua vita come fonte di minacce continue non avrai mai fiducia nella possibilità di superare le sfide quotidiane
- Impariamo a stare da soli e ad eliminare ciò che è superfluo, quello che non ci piace e non ci serve. Quante volte ci circondiamo di persone o viviamo situazioni che non ci soddisfano? Tutto questo ci toglie forza, energia e tempo per dedicarci a ciò che ci fa stare bene e ci fa sentire forti…ciò che migliora la nostra autostima. Chi ha una bassa autostima ha il terrore di essere abbandonato e rifiutato, quando si ha una buona autostima invece si è coscienti delle proprie capacità senza bisogno del riconoscimento altrui e gli incontri interpersonali diventano un luogo piacevole in cui esprimere noi stessi e condividere/scambiare idee, esperienze, conoscenze. L’altro è una fonte di arricchimento personale, non un bisogno da colmare.
- Stabiliamo relazioni interpersonali positive: noi siamo esseri sociali ed abbiamo bisogno degli altri. è grazie al confronto con gli altri che si cresce, si matura, si apprende, si apre la propria mente. Ricevere feedback dagli altri è necessario, ma bisogna imparare a distinguere: tali feedback li riceviamo da persone che stimiamo? In questo caso si, siamo sulla strada giusta! Ma attenzione a non “svendersi”. Come abbiamo visto prima, una bassa autostima ci porta a circondarci di persone “inutili” e dannose. Bisogna invece essere in grado di scegliere chi ci fa sentire bene, chi ci da qualcosa in più…ed essere in grado di tagliare i “rami secchi”. Osserva gli altri, ascoltali, valutali e scegli! Prendiamoci cura e godiamoci chi ci sta vicino e non chi, per un motivo o un altro, si allontana da noi.
- Stabilire obiettivi raggiungibili: dobbiamo essere consci di quelli che derivano da noi e di quelli che sono dipendenti da altri. Non ci si può concentrare su aspettative irrealizzabili quali “voglio essere sempre felice” o “ voglio una vita senza problemi”: la vita stessa è ricca di problemi, sfide, momenti di crisi e di cambiamento, solo così si può crescere! Chi ha una buona autostima e si sente realizzato, non è una persona che non ha problemi ma qualcuno che li sa affrontare con fiducia, forza e serenità. Inoltre chi ha una autostima solida fa i conti con il principio di realtà: sa quali obiettivi sono raggiungibili e quali invece sono da abbandonare perché frutto di speranze illusorie.
- Iniziare a raggiungere gli obiettivi più piccoli e poi via via incrementare verso quelli più grandi: questo esercizio ci permette di affrontare le cose senza ansia e paura. Consideriamo inoltre che i feedback positivi ricevuti dai piccoli successi ottenuti andranno ad incrementare la fiducia in noi stessi, la motivazione e la spinta a migliorarci: “sono stato in grado di focalizzare un obiettivo e di raggiungerlo, ora posso passare a quello successivo”, questo è il messaggio che inviamo alla nostra mente.
- Premiarsi quando si raggiunge un obiettivo: ormai da anni nel mondo scientifico si è riconosciuta l’importanza di premiare comportamenti positivi, mentre è ormai in disuso la pratica di punire comportamenti negativi. Ma con noi stessi siamo sempre pronti a flagellarci quando sbagliamo e quasi mai a gratificarci quando facciamo qualcosa di buono, quando raggiungiamo uno scopo. Riflettiamo un attimo: Come ci sentiamo quando il nostro capo ci premia per un lavoro ben svolto? Quando un amico ci dice una parola carina? Ci sentiamo meglio con noi stessi e siamo motivati ad andare avanti per questa strada! Ecco, allora diamoci qualche soddisfazione (anche materiale, perché no?) quando ci comportiamo “bene”!
- Allenamento costante: solo esercitandosi si può apprendere una sana e proficua autostima. Pensiamo a quando eravamo piccoli: come abbiamo fatto ad imparare le tabelline? Una lingua straniera? Uno strumento? Ci siamo allenati! E l’autostima non funziona in modo diverso! Di fronte ad un problema o ad un obiettivo che fallisce è inutile darsi il messaggio “non ce la farò mai”, bisogna essere tenaci, valutare il percorso fatto e cambiare ciò che non ha funzionato, ma non bisogna mettere in dubbio le proprie capacità globali.
Questo articolo dovrebbe essere stato in grado di farvi comprendere che l’autostima non è una caratteristica innata ma che si apprende e si migliora nel corso della vita. Non diamoci quindi delle etichette disfunzionali e patologiche quali “non ho autostima” ma cerchiamo di crescere e migliorarci, sempre!
E tu, che rapporto hai con te stesso? Cosa pensi di ciò che sei e quello che fai?
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Riferimenti bibliografici:
Bandura A. (1997), Autoefficacia: teoria e applicazioni. Tr. it. Erikson, Trento, 2000.
Bandura A.(1977), Social Learning Theory, Prentice Hall, Englewood Cliffs, NJ.
Branden N. (2007), i sei pilastri dell’autostima, TEA, Milano.
De Leo G., Patrizi P. (2002), Psicologia Giuridica, Il Mulino, Bologna.
Nardone G. (2007), Cambiare con gli occhi, toccare con il cuore. Aforismi terapeutici, Ponte alle grazie, Milano.
Stanchieri L. (2011), 101 modi per allenare l’autostima, Newton Compton Editori, Roma
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