Un giorno un collega ha deciso di raccogliere tutti (o quasi) i pregiudizi esistenti sulla figura dello psicologo. Tra questi ce ne era uno che recitava più o meno così: perché devo rivolgermi ad uno psicologo quando ho i miei amici?
Fermo restando che l’importanza di una rete sociale e amicale è prerequisito essenziale per il benessere individuale, a volte questa da sola non basta. Siamo tutti ottimi dispensatori di consigli ma il problema è proprio questo: lo psicologo, al contrario di quanto molti credano, non consiglia! Se io parlo con un mio amico che mi chiede un parere, soprattutto se “recente”, premetto sempre che sta parlando con un’amica, non con una psicologa! Certo, è un’amica con competenze di psicologia…ma in quel momento è pur sempre un’amica che fornisce il proprio punto di vista e che può dare un consiglio da seguire o meno a discrezione dell’interlocutore.
Perché allora molto spesso ci sentiamo impotenti, quasi inutili a volte? Perché spendiamo tanto tempo con una persona a cui teniamo che fa tutto tranne seguire i nostri consigli? Perché siamo tutti esseri umani! Se bastasse solo ricevere un consiglio da una persona saggia saremmo tutti liberi da problemi e privi di stress!
E invece…”hai ragione ma non riesco“, “so che dovrei fare in questo modo ma c’è qualcosa che mi blocca” etc etc…
Quante volte ce lo siamo sentito ripetere o lo abbiamo ripetuto noi stessi?
Quella persona non va bene per me – eppure continuo a frequentarla
Dovrei lasciare il mio lavoro – eppure continuo a vivere in quel posto infernale
Dovrei frequentare la palestra e mettermi a dieta – eppure eccomi qui sul divano a sgranocchiare patatine
Dopo aver parlato, in questo articolo, di come essere di aiuto ad una persona a cui teniamo, ora passiamo all’esatto contrario!
In rete ho trovato questa immagine che credo racchiuda al meglio tutti gli errori da non commettere con una persona che sta vivendo un momento difficile.
Perchè dobbiamo evitare di pronunciare queste frasi? La risposta può apparire piuttosto semplice ma cerchiamo di approfondire meglio.
- Sono tutte cose che la persona già sa ed il fatto i saperle non le ha arrecato alcun sollievo. Che non lo so che che in Africa i bambini stanno peggio di me? o che se sorrido le cose andranno meglio? o che se voglio smettere di avere l’ansia l’importante è non pensarci? si che lo so…ma non mi aiuta! Anzi, questo mi crea ancora più disagio perché mi sento ancora più stupida ed in colpa, diciamocelo! Ed ecco che a tutto ciò si aggiunge un calo dell’autostima che sicuramente andrà a peggiorare la situazione.
- Ricordiamoci che non esiste una scala di valori quando si parla di disagio psicologico ma solo la nostra rappresentazione degli eventi ed il senso che gli diamo. Chi non vive una profonda tristezza non sa quando sia difficile per una persona con disturbo dell’umore far ricorso al sorriso. Un’espressione così semplice per alcuni può diventare veramente difficile quando senti il vuoto dentro e vorresti scomparire…anche se apparentemente “hai tutto e non ti manca nulla”.
- Sforzati di più…a fare cosa? ad uscire di casa quando se solo varco la porta inizia quel senso di terrore accompagnato da tremori, sudorazione, tachicardia e confusione? No, non posso sforzarmi in questo caso se sento che uscendo di casa potrei morire! In me sono cambiate le percezioni: un passo apparentemente innocuo può risultare impossibile per chi ha sviluppato un sistema percettivo-reattivo disfunzionale.
E’ tutta colpa tua! E che non lo so? Ma ora che lo so che cosa cambia? Innanzitutto stimolare sensi di colpa blocca chiunque, pensate a voi quando qualcuno vi dice una frase del genere, la vostra reazione quale sarà? Difesa e attacco oppure difesa e fuga: sono reazioni primordiali che fanno parte di noi dall’antichità. Senza contare che il senso di colpa ci blocca e ci impedisce di reagire causandoci ruminazioni (ossia pensiero costante relativo a quanto abbiamo fatto o non fatto) che ci ancorano al passato senza possibilità di pensare al futuro. Diverso è il senso di responsabilità che ci fa percepire attivi nella creazione del disagio e quindi apre alla possibilità di porvi rimedio: come sono entrato in questa situazione, posso anche trovare le strategie per uscirne!
- E’ tutta colpa dei tuoi genitori! L’altra faccia della medaglia…sempre perché bisogna trovare un colpevole. Allora perché non accusare i nostri genitori? Sicuramente un ruolo lo avranno giocato ma lo hanno veramente fatto intenzionalmente? Oppure pensavano di agire per il nostro interesse? I nostri genitori non sono perfetti (sai che noia!), sono esseri umani ed in quanto tali fallaci. Come diceva Oscar Wilde “Le cose peggiori sono sempre state fatte con le migliori intenzioni”. Anche qui, vogliamo rimanere ancorati al passato e continuare ad incolpare i nostri genitori oppure ci assumiamo la responsabilità della nostra vita attuale e proviamo a cambiarla?
- Piangere non serve a nulla! Si, blocchiamo le emozioni che tanto a cosa servono? Solo alla sopravvivenza della specie, ma si sa, è una piccola cosa in un mondo che dura da miliardi di anni…Bloccare un’emozione non solo è inutile ma anche dannoso! Pensiamo ad una pentola a pressione che ha bisogno di una valvola di sicurezza per permettere al vapore acqueo di fuoriuscire diminuendo la pressione. Anche noi abbiamo bisogno a volte di piangere, urlare, ridere a crepapelle, correre fino a sentire le gambe che fanno male…sono tutte manifestazioni delle emozioni che comportano modifiche a livello fisiologico e psicologico.
- Riprenditi e basta! Qui mi viene in mente il paradosso del “sii spontaneo” di Watzlawick (1971, La pragmatica della comunicazione umana): nel momento in cui ti chiedo di essere spontaneo se decidi di esserlo, seguendo il mio ordine, non lo sei affatto! Più mi impegno ad essere spontaneo (o a provare una qualsiasi altra emozione) e più paradossalmente ottengo l’effetto contrario. E’ come un genitore che dice ad un figlio “dovresti essere felice di andare a scuola”, cercando di imporgli un qualcosa che di imposto non ha proprio nulla! Il che volendo si ricollega anche alla frase “basta sorridere e tutto passa” citata in precedenza.

Foto da: Ordine degli Psicologi della Toscana
E allora come possiamo fare? Già conoscere le frasi “killer” e riuscire ad evitarle è un buon punto di partenza! Altri suggerimenti li potete trovare nell’articolo citato precedentemente, ma sinceramente il consiglio più grande che posso darvi è non aver paura di consigliare l’intervento di un professionista esperto.
“Eh ma come faccio a dire a qualcuno che gli serve uno psicologo?” come se fosse una vergogna o chissà quale colpa… se un vostro amico vi dice che gli fa tanto male una gamba, non gli consigliate forse di rivolgersi ad un ortopedico? Perché nel caso del benessere psicologico dovrebbe essere diverso?
Proprio come detto all’inizio dell’articolo, lo psicologo non fornisce consigli, non è un amico, lo psicologo (o lo psicoterapeuta) è colui che ha una formazione specialistica nella diagnosi e nell’intervento in ambito clinico e del benessere individuale (di coppia o di gruppo). Io non mi sono mai fatta problemi a consigliare ad un mio amico (o conoscente o parente) di rivolgersi a questa figura professionale, già prima di diventarlo, proprio perché tutti noi abbiamo dei limiti oltre i quali c’è bisogno di un professionista che ci preda la mano e ci tiri fuori dalla situazione di stallo in cui siamo finiti.