Era il 2016 quando iniziai il corso in IAA, interventi assistiti con animali, meglio conosciuti come Pet Therapy. Ero alla ricerca di un modo per coniugare la mia professione con una delle mie più grandi passioni: gli animali!
Nel 2018 invece incontrai l’Associazione Hikikomori Italia e iniziai ad occuparmi di questo fenomeno. Ieri, finalmente, entrambi gli ambiti si sono incontrati e ho discusso la tesi di specializzazione in IAA proprio sul tema Isolamento sociale volontario, come psicologa/psicoterapeuta responsabile di progetto e referente di intervento.
Questo articolo è una sintesi dell’ elaborato. Per una trattazione più approfondita del fenomeno degli Hikikomori vi rimando agli articoli scritti in precedenza.
Cosa sono gli IAA?
Con il termine IAA vengono indicati tutti gli interventi assistiti con animali, ossia, secondo l’ Istituto Superiore di Sanità
diversi tipi di prestazioni a valenza terapeutica, riabilitativa, educativa, didattica e ricreativa che prevedono il coinvolgimento di animali domestici e che sono rivolti prevalentemente a persone affette da disturbi della sfera fisica, neuromotoria, mentale e psichica, dipendenti da qualunque causa, ma possono essere indirizzati anche a individui sani.
Gli animali principalmente usati sono: cane, cavallo, asino, gatto e coniglio.
Gli IAA, quindi, possono avere valenze diverse a seconda del tipo di intervento effettuato, dell’utenza, degli obiettivi da raggiungere e dall’equipe impiegata.
Esistono quindi:
AAA – Attività Assistite con gli Animali. Sono tutte quelle attività ludico-ricreative che prevedono l’utilizzo degli animali e che sono volte, principalmente, ad incrementare la socializzazione e a favorire una corretta interazione uomo-animale.
EAA – Educazione Assistita con gli Animali. Interventi con obiettivi educativi, volti a migliorare ed incrementare la socializzazione, le relazioni, il reinserimento sociale della persona e ad implementare, o creare, risorse individuali e relazionali.
TAA- Terapia Assistita con gli Animali. Interventi con finalità terapeutiche altamente individualizzati sul paziente, per cui è necessaria prescrizione medica. I destinatari sono persone con disturbi fisici, neurologici, psicologici, psichiatrici, psicomotori e sensoriali.
E’ ormai noto a tutti che, nel caso degli Hikiomori, si parla di un problema sociale che si caratterizza principalmente come un disagio emotivo, comunicativo e relazionale. La persona in ritiro ha sperimentato, come affermato in altre occasioni, problematiche relazionali con i pari, con le figure adulte e con la società.
In questi casi la prevenzione è fondamentale affinchè la persona non entri nella terza fase, quella dell’isolamento sociale completo con chiusura nella propria abitazione e/o nella propria stanza. Intercettare il problema, intervenire nella prime due fasi, permettere la creazione di relazioni positive, funzionali e stabili: questo deve essere l’obiettivo di ogni professionista che si affaccia a questo mondo.
E allora cosa c’entrano gli animali?
Nelle linee guida nazionali così viene definito l’intervento EAA:
L’EAA trova applicazione in diverse situazioni quali, ad esempio:
- difficoltà dell’ambito relazionale nell’infanzia e nell’adolescenza;
- disagio emozionale e psicoaffettivo;
- difficoltà comportamentali e di adattamento socio-ambientale;
- condizioni di malattia e/o disabilità che prevedano un programma di assistenza domiciliare integrata
L’intervento quindi è comunicativo, relazionale, volto allo sviluppo di competenze sociali ma anche empatiche e di adattamento socio-ambientale.
La TAA invece viene definita:
intervento a valenza terapeutica finalizzato alla cura dei disturbi della sfera fisica, neuro e psicomotoria, cognitiva, emotiva e relazionale, rivolto a soggetti con patologie fisiche, psichiche, sensoriali o plurime, di qualunque origine. L’intervento è personalizzato sul paziente e richiede apposita prescrizione medica.
Perché, quindi, un IAA nei casi Hikikomori?
Durante il corso di IAA, la dott.ssa Nicoletta Angelucci, disse una cosa che ho inserito nel mio “bagaglio” personale. Ci fece osservare un intervento con il cavallo già iniziato, entrammo che la persona era già sopra l’animale. Ci descrisse l’intervento senza alcuna informazione sull’utente. Ad intervento finito vidi avvicinarsi una sedia a rotelle su cui venne riposta dolcemente la persona che fino ad allora era sul cavallo. Le parole di Nicoletta, di fronte alle nostre facce stupite, furono le seguenti “sopra il cavallo la disabilità non esisteva”. Ed era vero! Era sicuramente più abile di me ad andare a cavallo!
Un cambio di prospettiva a volte fa la differenza! Un cambio di prospettiva che può riguardare non solo l’utente ma anche il sistema intero di appartenenza (la famiglia, i parenti, le figure professionali coinvolte etc…)
A tal proposito, in questo periodo di attività con l’ Associazione mi sono resa conto di quanto ormai i genitori stiano sviluppando, comprensibilmente, una visione del figlio incentrata sul disagio. Egli viene trattato come se fosse destinato alla reclusione, invece di incentivare (senza pressioni) la possibilità di esplorare il mondo, c’è la tendenza (paradossale) a proteggerlo ancora di più, a metterlo sotto una campana di vetro come se fosse un oggetto di cristallo a rischio di andare in frantumi. Il vedere il proprio figlio in un ambiente diverso invece da quello solito, rendersi conto che le abilità ci sono e vanno solo riconosciute e rinforzate, che ci sono professionisti esperti in grado di aiutarlo, sono tutti momenti indispensabili per diminuire l’ansia del genitore e, di conseguenza, quella del figlio.
Nella pagina facebook, ma anche nei colloqui individuali, inoltre, emerge molto spesso il tema “animali”, sia in positivo che in negativo. Per quanto riguarda l’ultimo aspetto, ci si trova di fronte ad una situazione molto delicata. Molti genitori prendono animali domestici sperando in un “miracolo”, miracolo che, ovviamente, non avviene. Non ci sono gli strumenti, non è un intervento assistito con gli animali fatto da personale esperto, è solamente un tentativo magico di risolvere una situazione difficile senza avere la minima cognizione di causa. Ma perché arrivano a questo punto? Perché effettivamente dei benefici ci sono. Perché chi ha animali a casa da tanto tempo ha notato che, nonostante la chiusura verso il mondo, rimane comunque un contatto con il cane o il gatto o il criceto. Perché alcuni ragazzi non escono mai da casa ma riescono a varcare la porta per far fare i bisogni al proprio amico a quattro zampe. Perché alcuni di loro usano gli animali domestici per comunicare con i genitori! Una mamma mi racconta come, dopo un litigio, il figlio non sia in grado di chiedere scusa ma si avvicina a lei con il cane in braccio e parla tramite lui.
Un altro aspetto fondamentale è il discorso pressione sociale e/o famigliare: l’animale non pressa, non si aspetta cose da te, non ti chiede di conformarti agli gli altri ed alla società in generale. E se pressa lo fa in un modo accettabile, non per giudicarti ma per invitarti a giocare o a prenderti cura di lui. Mi vengono in mente le ore di tirocinio svolte con i cani e con gli asini e le conseguenti spiegazioni dei tutor.
I primi cercano di attirare la tua attenzione in ogni modo, buttando il muso sulla tua gamba, spostandoti il braccio, saltando addosso, portando la pallina, chiedendo l’acqua o il cibo… I secondi ti guardano, si avvicinano incuriositi, sia con il corpo che, successivamente, con il muso e restano fermi in attesa. Non c’è la pressione tanto temuta dalle persone hikikomori ma c’è spontaneità, qualcosa a cui loro non sono più abituati.
E allora quale può essere un progetto di intervento in un caso hikikomori e quali obiettivi si possono raggiungere?
Il contatto con l’animale, se ben progettato e gestito, può portare ad un intervento positivo in tutti questi ambiti:
- Il prendersi cura dell’altro (attraverso la pulizia, la spazzolata, l’asciugatura etc…) può favorire l’empatia, diminuire il narcisismo ed incrementare la responsabilità personale e relazionale.
- I momenti ludici hanno molti vantaggi, vanno ad agire sulla capacità di mettersi in gioco e di sbagliare (vedi il lancio della palla, i percorsi etc…), sviluppano la socialità e la relazione, permettono alla persona di sentirsi efficace ricevendo feedback positivi; ma nello stesso tempo, qualora l’animale non sia partecipativo, possono sviluppare (grazie all’intervento del referente) la tolleranza al rifiuto ed alla frustrazione.
- Il confronto con il comportamento dell’animale e con la sua comunicazione insegna alla persona a sperimentare nuovi modi relazionali, dove non c’è giudizio ma complicità o rifiuto “sopportabile” e gestibile. Permette il miglioramento della comunicazione non verbale, come visto carente, ed evita (o mitiga) l’attuazione di comportamenti aggressivi e oppositivi.
- La presenza di due “umani” favorisce la possibilità di rimettersi in gioco e, attraverso la mediazione dell’animale, che funge da ponte, ri-crea la comunicazione con il mondo umano che tanto spaventa.
- Il fatto di dover uscire dal proprio mondo per qualche periodo, facilita anche la diminuzione della dipendenza nei confronti della famiglia, vissuta sempre in maniera conflittuale ma apparentemente necessaria per la persona.
- Il contatto con l’animale permette al referente di intervento di lavorare sulla sfera emotiva e di mettere in atto una vera e propria alfabetizzazione emotiva sviluppando così l’intelligenza emotiva della persona.
E gli studi internazionali (Wong et al. 2017; Fogel e Kawai 2006; Li e Wong 2015), già attivi sul tema, concordano sulla valenza positiva degli IAA in casi di Hikikomori, sia come intervento singolo che – in maniera più efficace – come parte di un progetto più strutturato comprendente terapie domiciliari o via skype, job training, istruzione domiciliare, reinserimento scolastico o lavorativo.
Tutti questi studi hanno mostrato quindi risultati positivi nella maggior parte dei casi e gli effetti, riassumendo sono stati i seguenti:
- Diminuzione del livello di ansia sociale
- Incremento dell’autostima
- Aumento del senso di efficacia personale
- Restituzione (da parte dell’animale) di essere rispettato e amato
- Capacità di interagire in una situazione protetta e priva di stress
In conclusione
La mia riflessione su questo argomento è partita da due prospettive comuni: gli Hikikomori, come già visto, fondamentalmente sono persone non in grado di relazionarsi e di socializzare perché temono il giudizio e le pressioni di realizzazione sociale, gli IAA, dal canto loro, servono proprio ad agire anche in ambito relazionale e sociale…l’integrazione per me era evidente! Così ho approfondito ancora di più, ponendomi la domanda sulla possibilità di usare gli IAA per questi ragazzi, ragazzi che in molti casi non riescono neanche ad uscire di casa. Ok, allora come si fa se loro non escono da casa? Ma la prevenzione!!! La prevenzione è fondamentale in ogni ambito e noi, nell’Associazione, lavoriamo proprio su questo. Le fasi dell’hikikomori sono tre, non una. L’isolamento è graduale, non immediato. Ci sono segnali di rifiuto delle attività e delle relazioni. E così, se agissimo sulla prevenzione e sulle prime due fasi, quando il ragazzo non è ancora in isolamento totale?
Parlando con i genitori di questi ragazzi mi sono resa conto che poteva essere possibile, molti di loro mi riferivano che i figli (anche quelli maggiormente isolati) riuscivano a mantenere un rapporto con gli animali domestici, persino quando non ne avevano con gli stessi genitori. Altri usavano gli animali proprio come ponte verso il mondo esterno e verso la famiglia. Un paio di persone, che gestiscono dei rifugi per animali, mi hanno riportato che i loro figli non hanno nessun modo di socializzare e di esporsi all’esterno tranne quando vanno ad aiutarli al rifugio.
Ritengo quindi che, con una corretta progettazione e informazione, sia possibile prevedere gli IAA nell’ambito degli interventi sugli Hikikomori nella prima e seconda fase dell’isolamento. Non è un progetto semplice, forse è ambizioso, ma definendo correttamente l’utenza, gli obiettivi, le attività e attuando un attento monitoraggio ed una efficace valutazione, ritengo tutto ciò possibile e auspicabile.