Ma quindi l’ Hikikomori è una psicopatologia?
Hikikomori è una condizione, un modo di essere, non un sintomo di un disturbo psichiatrico (Saito, 2003).
La quasi totalità della letteratura internazionale sostiene che Hikikomori non è una patologia ma una condizione, un fenomeno sociale che può riguardare ogni società economicamente sviluppata.
Hikikomori non è solo una passiva reazione ad una società patologica ma potrebbe essere un atto intenzionale di scoperta del Sé (Rubinstein, 2016). Chi diventa Hikikomori lo fa per costruire una narrativa personale significativa in un percorso privo di confusione e stress, essere Hikikomori attribuisce alla persona una definizione di ruolo attraente (Rosenthal, Zimmerman 2013) in cui esplorare se stesso, gli altri e la società in generale. In alcuni casi l’Hikikomori può essere visto come una conveniente e chiara scelta di non essere coinvolto in un conflitto tra aspettative comportamentali contrastanti: da una parte la spinta della società (e aggiungiamo della famiglia) a realizzarsi e dall’altra parte la stessa società che ci prospetta un futuro incerto, prive di sicurezze economiche e sociali. Di fronte a tutto questo l’ Hikikomori sceglie attivamente (non passivamente) di non partecipare a questo conflitto e di tirarsene fuori.